Peccato!

Che peccato! Dispiace sapere che la comunità grossetana non disponga più di un grande patrimonio.
Dispiace perché a noi semplici famiglie ci hanno insegnato che poter disporre di una casa, anche solo di quella dove si abita è una grande fortuna. Molte semplici famiglie per comprarsi la casa dove abitano hanno lavorato una vita, letteralmente. La nostra cultura, quella cioè di queste famiglie dedite al lavoro, ci ha trasmesso il valore della conquista in un capitale, che ciò non sia scontato che avvenga. L'appartenere ad una comunità come Grosseto ed il raggiungimento degli 'anta, ci fa sentire legati all'intera comunità come se la comunità stessa fosse una trasposizione in grande scala della famiglia. Il succedere degli eventi della comunità ci rende partecipi come ci rendono partecipi gli eventi nella famiglia propriamente intesa. D'altra parte non possiamo disgiungere gli eventi familiari da quelli della comunità a cui apparteniamo. Ben inteso che la comunità a cui apparteniamo è quella che incontriamo per strada, le persone di ciccia, i genitori di bimbi che incontriamo a scuola, i negozianti, i vicini di casa, i parenti, gli amici, i semplici conoscenti, ecc., non quella virtuale della tv o internet.
Ed allora, come dice un noto giornalista locale, ci dispiace sapere che la comunità grossetana abbia perduto il patrimonio immobiliare chiamato Azienda Il Terzo. Si percepisce una sensazione paragonabile a quella di quando in una famiglia si deve vendere la casa per far fronte alle difficoltà. Oggi prolificano le botteghe compro-oro ed anche quelle, se si pensa, mettono sì al riparo chi ha qualche difficoltà, ma l'oro, cioè le catenine delle comunioni, gli anellini, in una famiglia rappresentano un tassello della propria storia, segni di valore sentimentale ma anche materiale di un cammino. Sapere di aver perduto come comunità un grande terreno fa percepire un proporzionale e paragonabile dispiacere.
Possibile che in tutta Grosseto non ci fosse stato qualcuno che avesse le capacità economico amministrative per far stare in piedi quel bene? Sorgono inquietanti dubbi a pensarlo. Il manager in senso lato dovrebbe disporre di capacità trasversali che gli permettano di gestire un bene economico, o no? Ci viene l'inquietante dubbio che allora a Grosseto davvero il massimo della capacità imprenditoriale sia quella di far rendere edificabile un terreno il più vicino possibile al centro e costruirci una casa “mestola e mattonperritto”. Ci viene l'inquietante dubbio che allora a Grosseto davvero il massimo della capacità imprenditoriale sia quello di riscuotere il nero della parte eccedente da quella dichiarata sul preliminare di compravendita di un appartamento, e che quello sia il guadagno ottenibile. Che dispiacere arrivare a pensare questo e non vedere contretizzare le auspicate e sbandierate potenzialità agroturistiche. Se è vero che la comunità grossetana è entrata in possesso di tutti quei terreni chiamati Il Terzo solo il 9 aprile 2001 e adesso non li ha già più, ci viene l'iquietante dubbio che li abbia detenuti solo per fare da tramite fra interessati terzi (scusate l'ambiguità del termine), ma questo è solo un nostro inquietante dubbio, figuriamoci; non è così.
Che tenerezza fa oggi quel “moderno carrettino” folcloristico pieno di marmellatine e caciottine mandato a Milano. Speriamo che serva di riflesso a far impiantare nelle aree destinate al lavoro nuovi edifici artigianali che producano tanto di quel saporito bendiddio da far lavorare qualche centinaio di giovani. Ci vediamo al Maremma fudsciair! Speriamo di riconoscerci in mezzo a tutti quei milanesi che ci saranno!

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